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Can you handle what I’m ‘bout to do?
(Peter) “Lui chi, Neal?” “Zeck, o meglio, Vincent Adler.” “Quel Vincent Adler? Della Adler Company?” “Non so come si chiami ora la sua azienda.” Peter si fece pensieroso e Neal riprese a parlare. “Una notte mi venni a trovare nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Venni arrestato assieme a un gruppo di prostitute clandestine; dato che ero ‘con loro’ e i miei abiti eleganti, mi scambiarono per il loro protettore. Dopo ore di interrogatorio, stanco e spaventato, feci l’unico nome che sapevo: Zeck. Ma ovviamente era un nome falso, la polizia non rintracciò nessuno, ma iniziò a fare ricerche nel palazzo che avevo indicato. “Vincent sparì dalla circolazione e non so come fece a non venire coinvolto in pieno, o poi a ricreare un nuovo impero. Tutti quelli che lavoravano per lui si ritrovarono in mezzo a una strada. A quel tempo ero riuscito a conquistare Kate, ma lei non aveva saputo che lavoro facevo per il suo ‘capo’ fino a quel momento; mi ci volle un po’ a convincerla a restare con me, ma non che anche lei avesse molte opportunità. Le promisi che avrei smesso, e per un po’ lo feci. Ma costruire una famiglia in quelle condizioni non era semplice, così ogni tanto ritornavo in contatto con alcuni vecchi clienti, lieti che mi facessi vivo dato che la M.o.Z. era sparita nel nulla; dicevo a Kate che i soldi erano frutto di lavoretti occasionali, a volte fortuite vincite alla lotteria. Poi, il giorno del nostro anniversario era andata a fare la spesa in macchina, quando un’altra vettura la colpì e scappò via. Il colpevole non fu mai ritrovato, ma il giorno del funerale Adler mi mandò un biglietto con le sue condoglianze. “Credo che l’unica cosa di cui io sia stato... lieto? sia che Kate è morta senza sapere che le stavo mentendo. Non avevo più voglia di vivere, mi lasciai andare, smisi qualsiasi lavoro e, ovviamente, smisi di pagare le bollette, così che in breve mi trovai, di nuovo, in mezzo alla strada. Credo fosse già tanto che fossi ancora in vita. “È stato il periodo peggiore e, per certi versi, migliore della mia vita. Mi ha salvato Coop, nonostante avesse una bambina piccola a cui badare, e poi Ted e Ellen mi hanno dato una casa. Non potevano offrirmi un lavoro migliore di quello che avevo ripreso a fare, ma non mi hanno mai giudicato o trattato male.” Neal aveva continuato a parlare senza fermarsi a riflettere sulle accuse che aveva implicitamente rivolto a Adler, e nemmeno quando la voce gli si era incrinata per il dolore della perdita di Kate o per la gentilezza dei suoi amici. Ora guardava Peter, forse in attesa della sua reazione, ma l’uomo aveva seguito poco di quell’ultimo monologo – non si era nemmeno chiesto chi fosse ‘Coop’ – la mente ancora persa dietro la prima sensazione che gli aveva provocato sentire il nome di Adler. “Adler era alla cena, sabato”, disse infine, guardandolo con occhi spalancati. Riflessione inutile, dato che la festa era stata fatta apposta per celebrare la collaborazione-barra-futura fusione della sua compagnia e quella di Burton. “Non ti sei sentito male... È... è stato lui?” Neal chiuse gli occhi e sospirò. “Ha sempre preso quello che voleva.” Peter si passò una mano tra i capelli; tremava, ma non sapeva se era perché quella consapevolezza lo aveva sconvolto o per la rabbia che sentiva montargli dentro. L’unica cosa che fu in grado di fare era stata sdraiarsi nuovamente e tirarsi Neal vicino, sapere che ora stava bene, sentire che ora stava bene. “È tutto a posto”, lo rassicurò lui, ma non riusciva più a credere alle sue parole, non poteva essere tutto a posto. Erano rimasti lì, a letto, senza fare nulla per delle ore. Neal si era riposato un po’, ma Peter non era riuscito a chiudere occhio; aveva spento malamente la sveglia e si era degnato appena di rispondere al telefono quando lo avevano chiamato dall’ufficio, fingendo un malessere – non che era stato difficile suonare convincente, data la voce atona. Nei momenti di veglia, Neal non era sembrato contrariato da quel programma, probabilmente lui stesso non aveva voglia di avere una grande vita ed era lieto di vegetare tra le lenzuola, senza altre chiacchiere. Fu solo verso mezzogiorno che i loro stomaci reclamarono attenzione e si spostarono in cucina. “Pizza?” propose Peter, dopo aver esaminato il frigo, voltandosi verso Neal – il quale lo aveva raggiunto dopo aver raccolto gli abiti abbandonati a terra quella notte e averli portati in camera. “Perfetto”, rispose lui, sedendosi. Il padrone di casa mise una pizza surgelata in forno e poi andò al tavolo, prendendo posto accanto al ragazzo, con un sospiro pesante. Neal si voltò a guardarlo, negli occhi una strana luce. “Sei pentito?” Per l’ennesima volta, Peter lo vide estremamente giovane, e fragile, di un’insicurezza che sapeva nascondere bene solo durante il suo lavoro. Cercò di trasmettergli tramite lo sguardo la propria fiducia e sincerità, sperando di aiutarlo. “No. Affatto.” Sembrava che un sorriso stesse per nascergli sulle labbra, ma il suo cellulare iniziò a squillare e, dopo una veloce occhiata allo schermo, Neal impallidì. Lo guardò incerto, poi accettò la chiamata e si portò il telefono all’orecchio; non disse niente, ma rimase in ascolto mentre il suo interlocutore alzava i toni. Peter non riusciva a capire le parole ma sentiva il brusio di sottofondo, non aveva bisogno di riconoscere la voce per sapere che era Adler. “Va bene”, disse infine Neal, e terminò la conversazione. “‘Va bene’ cosa, Neal? Dubito che con quell’uomo ci sia qualcosa che vada ancora bene.” Non riuscì a trattenersi dal parlare, ma vederlo in quello stato, succube di un tizio del genere, gli piaceva molto meno di apparire maleducato. Neal si alzò e passò una mano tra i capelli, poi gli rivolse un sorriso stentato. “Quella pizza, la mangeremo un’altra volta.” “Non puoi andare da lui!” Peter lo aveva bloccato per un braccio, e Neal spostò la testa. “Devo.” Sembrava così diverso dal solito che Peter trovava difficile associare questo ragazzo spaurito e remissivo all’uomo audace e provocante che lo aveva colpito in quel bar, ed era tutta colpa di Adler. Strinse la presa e lo vide fare una smorfia di dolore mentre tornava a guardarlo serio. “Lasciami.” “Non ti permetterò di andare da lui.” “Te l’ho detto cosa ha fatto a Kate. Se ora non vado da lui, ti...” “Non sono una ragazzina, non mi faccio intimidire così.” Neal portò una mano sul suo viso. “Ti prego, Peter. Se ti dovesse succedere qualcosa... io...” Non riusciva più a parlare, o anche solo guardarlo in volto, quasi come se vedesse di già il risultato di tali minacce; Peter si alzò e lo strinse a sé. “Va bene. Va bene”, ripeté piano, “ti lascerò andare. Ma io verrò con te; questo non è trattabile”, aggiunse, sentendolo irrigidirsi. “Questa storia deve finire.” *** Neal era stato riluttante, anche se alla fine aveva dovuto cedere. Peter non aveva idea di cosa avrebbe fatto una volta davanti a Adler, aveva parlato d’impulso, ma quello di cui era certo era che non avrebbe lasciato Neal da solo con lui, non un’altra volta. Una macchina li attendeva in un vicolo poco distante, così aveva detto e così era. Quando arrivarono, però, trovarono Adler stesso ad attenderli. Scese dalla macchina e sorrise, Peter ebbe i brividi. “Cominciavo a credere che avessi cambiato idea di nuovo”, disse a Neal e fece finta di accorgersi solo in quel momento di Peter. “Burke. Il vecchio Samuel sa che hai lasciato sua figlia per un tipo del genere? Oh, no, vero, l’hai presentato come tuo cugino. Neal, immaginavo avessi un po’ più di amor proprio.” “Lascialo stare!”, ringhiò Peter. “È per questo che sei qui? Pensavo volessi darmi qualche consiglio su cosa gli piace... da cliente a cliente. Sono convinto che lo sai bene, vero? Tipo quel punto sul collo che lo fa smettere di ragionare.” Man mano che parlava si avvicinava ai due e Peter si portò istintivamente davanti a Neal, come a pararlo anche solo dalla sua vista. “Oh, forse vuoi unirti a noi? Non sono un amante delle threesome, ma magari possiamo trovare un accordo.” “Va’ al diavolo!” “Dopo di te, se continui a voler fare il cavaliere senza macchia e senza paura”, così dicendo estrasse una pistola che puntò dritta davanti a sé. Peter udì Neal emettere un suono strozzato, portò una mano indietro, per assicurarsi che fosse ancora alle sue spalle, e lo sentì tremare. Non pensava di essere messo molto meglio, il cuore gli stava mozzando il fiato; aveva avuto a che fare con le armi solo durante il servizio militare – Harvey aveva cercato di portarlo al poligono con sé, ma non ci era riuscito spesso – e trovarsene puntata una contro, ben sapendo che potrebbe uccidere te o – peggio – la persona che ami, non era una cosa da nulla. “Togliti di mezzo e lascialo venire con me. Ti assicuro che nessuno si farà del male.” “Mai!” “Magari dovremmo chiedere a lui dove vuole andare? Allora, Neal, cosa decidi?”, domandò Adler, togliendo la sicura alla pistola e mantenendola puntata al petto del più grande. Peter si voltò per metà, Neal lo stava fissando con occhi spalancati, le labbra tremavano; sembrava volesse dire qualcosa ma non ne fosse capace, fece un passo in avanti. “Neal, non devi lasciarti intimidire. Non ti succederà nulla, non mi succederà nulla.” Non aveva idea da dove gli venisse tutta quella sicurezza, ma era certo che non l’avrebbe lasciato andare per degli stupidi ricatti mentali. Neal deglutì, poi si voltò a guardare Adler. “Resto qui.” “Bene, come vuoi.” Allargò appena il braccio libero come se non gliene importasse nulla e un attimo dopo stava di nuovo prendendo la mira. Sparò, ma Peter era riuscito a intuire le sue intenzioni e si era gettato su di lui, deviando il colpo. Quella che seguì fu una violenta colluttazione per il possesso dell’arma. Adler era di poco più basso e magro di Peter, ma non per questo la lotta era più semplice per quest’ultimo. Peter mancava dal punto di vista della tecnica e dell’esperienza, anche se si manteneva in forma con la palestra. Aveva fatto un corso di autodifesa, anni prima, ma non ricordava quasi più nulla; era guidato solo dall’istinto di impedirgli di fare del male a Neal. Partì un secondo colpo, impossibile distinguerne la direzione, ma Peter si sentì bagnare da sangue caldo e appiccicoso, sulle mani e sui vestiti. Barcollò incerto finché non cadde all’indietro, Adler sopra di lui; la botta contro l’asfalto solido gli fece realizzare di non sentire altri dolori. Ma una pallottola doveva fare male. Spinse via il corpo dell’uomo sopra di sé, che ribaltò sulla schiena, gli occhi fissavano il cielo grigio, ma la vita non lo aveva ancora abbandonato. Si ricordò solo in quel momento che Neal aveva assistito a tutta la scena, si rimise in piedi e gli andò davanti. Il ragazzo era pietrificato e guardava con occhi vacui il punto in cui Adler era disteso. “Non guardarlo, Neal. Guarda me. Andiamo, Neal. Neal! Guardami, sono qui. Sono qui.” Lo prese per un braccio e notò solo in quel momento che era ferito, per fortuna sembrava solo un graffio. Il giovane spostò gli occhi nei suoi, era ancora sconvolto e tremante; Peter lo accarezzò sul viso e poi lo abbracciò, guidandolo a terra con sé, lo fece appoggiare contro il muro. Gli si mise affianco, sempre cercando di nascondergli alla vista il cadavere, ed estrasse il cellulare. Premette alcuni tasti ed attese che dall’altro lato rispondessero. “Harvey, ho bisogno di un avvocato.” Fine N/A Eccoci giunti alla fineeeeeee. *delira* No, il delirio è colpa della stanchezza di questa giornata, e vedere che al momento ho una connessione che va QUASI decentemente mi fa piangere di gioia. Sì, non ve ne frega della mia real life, passo oltre. Ultimo capitolo. Mi mancherà questa storia ♥. Finale un po' molto aperto, ma sentivo che da qui in poi sarebbe iniziato un capitolo totalmente nuovo, che mi piacerebbe scrivere, ma che non "aggiunge" nulla a quello successo fino ad ora o al significato che hanno le loro vite in questo momento, pur cambiando il loro futuro. Per questo ho deciso di interrompermi qui e pubblicarla. Sono contenta del seguito che ha avuto e sono contenta se vi ho donato alcuni attimi di distrazione come è stato per me scriverla tra una traduzione e l'altra. |